Non è vero che su Internet c’è posto per tutti. Per essere precisi la Rete è in grado di accogliere chiunque ma di “posti al sole” ce ne sono tutto sommato pochi. Parliamo di visibilità del sito. Sul Web se sei visibile, se gli utenti ti trovano, allora esisti, altrimenti sei poco più che un insieme di pagine elettroniche chiuse in un cassetto. E per essere visibili, per farsi trovare bisogna occupare questi famosi, e pochi, posti al sole, ovvero le prime posizioni delle SERP, la pagine dei risultati di ricerca dei motori, Google, innanzitutto.
Secondo uno studio americano, pubblicato da ICrossing (leggi qui), infatti, oltre il 95% dei click che arrivano ai siti dai motori di ricerca, proviene dalla prima pagina dei risultati. Dalla seconda un misero 4 / 4,8%, dalla terza in poi percentuali zero virgola.
Si chiama “Page-one visibility” e un altro recente studio di Optify è andato ancora più nel dettaglio e, come scrive TagliaBlog, dimostra che le sole prime 3 posizioni dei risultati organici ricevono il 58,4% di tutti i click degli utenti. Nello specifico i siti web posizionati al primo posto hanno un CTR (click-through rate) medio del 36,4%, quelli al secondo del 12,5% e quelli al terzo del 9,5%. In buona sostanza essere presenti al primo posto in Google significa ricevere lo stesso traffico che ricevono insieme tutte le posizioni dalla seconda alla quinta.
Nulla di nuovo, beninteso, ma un dato sul quale si possono fare due considerazioni importanti. La prima è che gli utenti navigano sempre meno. Si entra, si cerca qualcosa e ci si accontenta della prima cosa che il motore di ricerca ci restituisce. Questo non fa altro che accrescere e rafforzare il regime di monopolio che Google ha sul Web. In buona sostanza, per la stragrande maggioranza degli utenti, la Rete è ciò che Google propone nei primi risultati della SERP. Oltre non c’è nulla. Di fatto è una gerarchizzazione del Web che tende a concentrare sempre più traffico su pochissimi siti, in un meccanismo che si autoalimenta (più contatti, più link; più link, più alto il Google rank, più alta la posizione nelle SERP e di nuovo più contatti).
L’altra constatazione è che chi fa media relations online non può più far finta che le attività SEO non esistano o che siano compito del marketing. Ignorarle significa non completare il proprio lavoro di gestione della reputazione. Sia perché è fondamentale il miglior posizionamento possibile per i siti della propria organizzazione, sia perché la SEO è l’unica garanzia per poter offrire agli utenti solo contenuti positivi e relegare nelle parti basse delle SERP eventuali contenuti negativi. Differentemente, un contenuto non positivo, anche se “gestito” e risolto in sede di media relations, resterà reperibile nei risultati di ricerca e se la SEO non è ben seguita, magari sarà in alto nella SERP, vanificando, di fatto, tutta l’attività di media relations.