Vale più la reputazione di un’azienda che la qualità di ciò che produce. Questo è quello che emerge dal RepTrak Pulse 2012, lo studio annuale del Reputation Institute sulla reputazione delle aziende (leggi qui sul sito Ferpi). Nella scelta finale all’acquisto da parte del consumatore, infatti, il prodotto conta solo per il 40%. La ricerca evidenzia che per il 60% il comportamento d’acquisto è determinato dalla positiva percezione di altri fattori come l’eticità dell’azienda, le capacità manageriali, la sostenibilità, la trasparenza, la capacità di raggiungere e mantenere risultati nel lungo termine, la qualità del posto di lavoro. Sono anni che si parla del ruolo della reputazione nelle scelte di acquisto dei consumatori e in particolare di quella online. Quello che molto spesso si perde di vista, in questo dibattito, è il processo di formazione e difesa della reputazione.
In buona sostanza si è tutti d’accordo nel dire che la reputazione vale molto, è decisiva ma poco si dibatte su come crearla e, soprattutto, difenderla. Alcune scuole di pensiero affidano la costruzione della reputazione online alla “gestione” del passaparola, in altre parole al community management, altre al digital marketing, altre ancora alla qualità della comunicazione commerciale dell’azienda. In realtà il processo di costruzione della reputazione inizia sui media, e, se si parla di Web, sui media online.
Sia chiaro, non si parla solo di quotidiani online ma di tutti quei luoghi web influenti, in grado cioè di orientare e influenzare la percezione della realtà da parte dei loro pubblici e quindi, di conseguenza, il giudizio di un brand o di un prodotto. Quotidiani online, siti specializzati, blog, influencers nei social network, a quello ci si riferisce quando si parla di “nuovi media online”. Sono questi luoghi influenti, infatti, a “dettare l’agenda” e a costruire la reputazione di un brand nell’immaginario dei loro pubblici di riferimento.
Anche qui un distinguo. Non stiamo parlando degli influencers intesi nel senso commerciale del termine, ovvero di quei personaggi che parlano bene o male di un prodotto ma stiamo parlando di quei luoghi del web che sono, a tutti gli effetti, “hub informativi”, percepiti cioè come luoghi autorevoli a cui rivolgersi per informarsi.
Assunto questo emerge con estrema forza il ruolo delle media relations online come attività strategica per la creazione, valorizzazione e difesa della reputazione online. Un’attività che, ingaggiando i media, ovvero i “motori della reputazione” si posiziona a monte del processo.
Una forte ed efficace attività di Online media relations, infatti, crea buona reputazione e prepara il terreno per tutte le attività di sapore più commerciale che un brand possa implementare. Attività che funzionano solo se esiste una buona reputazione ma che non sono in grado di crearla.
La reputazione, quindi, è un valore centrale e strategico per le aziende e le online media relations sono lo strumento, strategico anch’esso, per crearla e difenderla. Strumento che, per la natura stessa del Web, è alla portata di tutti e non chiede investimenti stellari ed eserciti di account. Basta un bravo professionista, la sensibilità d’identificare il proprio cluster e gli influencers ed entrarci costantemente in relazione. Per questo il web deve essere considerato una risorsa per tutti ma, in particolare, per i piccoli, che hanno, finalmente, accesso a “leve” che prima erano appannaggio solo delle grandi strutture.