Le verità di un #ff, l’importanza della cultura digitale e la lotta per la qualità

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Credo che Fortuna Pagano sia una delle menti più lucide in circolazione sull’affollato Web. Propongo quindi questo suo post (Link al post originale su Futurap)

 

 

Oggi ho voglia di proporvi qualcosa di nuovo. Uno spazio dedicato ai follow friday qui su futurap. Penserete che sono matta, e che ho scambiato il blog per la mia personale timeline di Twitter, ma in realtà c’è una ragione che motiva questa idea.

Cos’è un #ff

Per chi non lo sapesse e non ci fosse arrivato da solo, il follow friday è una “pratica” degli utenti Twitter, che vede ogni venerdì usare l’hashtag #ff seguito dagli username di alcuni following. Nasce e si afferma con lo scopo di segnalare ai propri followers contatti particolarmente “interessanti” per svariate ragioni. Una specie di rubrica di “chi seguire” e perchè. Con il tempo,con l’uso e l’allargamento della comunità di Twitter era scontato che la bontà dello scopo del #ff cambiasse. Oggi vedo spesso, e la cosa vi dirò mi incuriosisce molto, usare il #ff più per farsi riconoscere dai propri account “preferiti”. Fare un #ff per molti equivale ad una specie di saluto da condominio, una stretta di mano in 140 caratteri che sembra dire “ciao, mi sei simpatico, ti seguo e vorrei che anche tu lo facessi con me”. Forse per questa ragione nasce il #ffback? Un semplice ritorno di cortesia, che trasforma il momento del #ff in lunghe e complesse da seguire, specie quando iniziano a diventare tante, catene di Sant’Antonio digitali, dove diventa quasi impossibile riconoscere chi ha segnalato chi, ma soprattutto, perché?

Ritorniamo alle origini

Vorrei ricordare che Twitter non è solo un gioco o un passatempo. La storia recente ci dimostra che le potenzialità del social network in 140 caratteri -velocità, usabilità, aggregazione- lo hanno reso uno dei più potenti mezzi di comunicazione contemporanei. Ed è per questo che i contenuti che diffondiamo, spesso anche solo un pensiero estemporaneo, possono acquisire importanza e viralità più di quanto sia visibile ad occhi meno esperti. Un follow friday oggi può servire e va usato con parsimonia ed attenzione. Abbiamo bisogno di riconoscere e far conoscere la qualità digitale, la cultura della ricerca scientifica ponderata, le belle idee ben comunicate e la voce di persone autorevoli e hub informativi di livello. E questo è un compito che considero quasi “deontologico” per chi come me lavora e vive di cultura della comunicazione digitale e di autorevolezza della mia nicchia di riferimento.

Piccola riflessione su esperti di socialcose, calzolari scalzi, politici blogger e web star

Lavorare oggi nel settore della comunicazione online è cosa complessa. Siamo in quel momento di passaggio, in cui la “cultura” digitale sta prendendo i contorni dello status quo, dell’opportunità e dell’utilità reale per trasformare quella che era una tecnologia informatica in strumento di interazione tra gli individui. La storia ci insegna che quando qualcosa diventa “importante” vi sia attorno ad essa un proliferare del marcio, di approssimazione e di pratiche “worst”. Tentativi di cavalcare l’onda del successo, anche abbastanza goffi, pressapochismi, improvvisazioni. Tutti dobbiamo essere online, tutti dobbiamo avere un profilo twitter, tutti dobbiamo farci un’idea di cosa sta succedendo, dobbiamo avere qualcosa da “dichiarare” a riguardo. Politici, star mainstream, scienziati ed accademici, stanno cercando di ritagliarsi la propria vetrina “digitale”, probabilmente convinti del fatto che “esserci” è prioritario rispetto al “capire perchè e come” esserci e secondario rispetto ad una reale comprensione dei mezzi e delle pratiche.

La vetrina, il palco, il pulpito, lo spazio pubblicitario, la colonna di prima pagina, la rubrica, il sito web promozionale: tutti spazi di azione 1.0. Per “uno punto zero” intendo sia “tecniche” che mezzi informativi e di comunicazione che appartenevano ad una “prima repubblica” dei media. Con l’avvento della socialmedia “era” tutto essere nata una repubblica 2.0: social network, microblogging, forum, blog, app e web app, portali web, social tv. Nuovi mondi dove si presuppone una visione non gerarchica e verticale della comunicazione, circolare, partecipativa, aggregante. Meritocratica, perchè non dettata dalla detenzione dello spazio di visibilità dei soggetti -singoli o collettivi- (i famosi spazi televisivi berlusconiani) ma dalla capacità di esserci con una strategia e con dei contenuti edificanti, interessanti e virali.

Questo è ancora uno scenario possibile. Non posso credere che vogliamo cedere spazio e regalare credibilità a chi usa i media online come il proprio salottino personale, cercando di raccogliere proselitie consensi di un sedicente “popolo della rete”. Non sviliamo l’eccellenza. Se internet ci regala la possibilità di prendere le redini della nostra personale coscienza informativa, regalandoci l’opportunità di curare autonomamente le fonti e la cultura quotidiana, cerchiamo di coglierla appieno e di non cadere in facile trappole da sensazionalismi.

Chi invece in vetrina non ci si mette, ma preferisce lavorare dietro le quinte e gettare le basi per una vera “cultura digitale” esiste.

Ci sono professionisti del settore, blogger, analisti, giovani community manager, esperti di comunicazione di rete, addetti alle pubbliche relazioni online o semplicemente opinionisti competenti ed autorevoli. Li vogliamo chiamare influencer perchè sono degli orientatori di opinione? Me lo auguro. Auguro a queste persone, che studiano, analizzano e si confrontano sulle pratiche del digitale e l’uso dei social media per la comunicazione, di avere sempre più follower e lettori. Me lo auguro come in passato auspicavo (tutt’ora lo faccio in realtà) che le persone spegnessero la televisione e affollassero le librerie e i circoli culturali. Perchè è ora che ci riprendiamo lo spazio per un’eccellenza della comunicazione. Perchè gli utenti non sono una massa acritica e informe, bot o  carne da macello televisivo e da novella duemila. Lì, in mezzo al “popolo della rete”, ci sono individui pensanti che pretendono il meglio. Che vogliono dati tangibili, che cercano di capire il perchè dei fenomeni e non accettano spiegazioni e soluzioni facili. Persone che non si fermano alla crosta del carisma degli idoli, ma scavano a fondo delle ragioni e della storia di un pensiero.  Se crediamo esista un’intelligenza collettiva, alimentiamo la nostra capacità critica e l’intelligenza del singolo, proponendogli contenuto di qualità e non fuffa scintillante.

Eccovi 5 persone, ma anche 5 hub formativi, 5 fonti auoteroveli, da seguire e il perchè.

Rudy Bandiera aka @rudybandiera: è un giornalista ed un esperto analista della comunicazione e dei fenomeni online. Sul suo blog scrive giornalmente opinioni  e riflessioni che spaziano dalla pratiche d’uso dei social media alla politica. Che parli di Twitter o di Nicole Minetti, lo fa condendo il tutto con una profonda conoscenza dei fatti, brillante capacità critica, dissacrante ironia. è un simpatico e carismatico individuo, questo lo aiuta di parecchio.

Claudio Gagliardini aka @cla_gagliardini: Claudio è un conoscitore e attento professionista. Lavora giornalmente con i brand e li aiuta ad un approccio e ad un rapporto veramente sociale con la community di riferimento. Per me è una fonte autorevole di riflessioni sulle novità del mondo del social networking e dell’interazione online. Gode di rinomata stima nella “nicchia” del digitale, perchè fa un uso ponderato dello spazio di opinione e sa motivare con un mix di ricerche e buone pratiche di successo le sue opinioni. Una specie di grande puffo delle social cose. Non potete non seguirlo.

Luca della Dora aka @Luca2D Luca è uno dei miei preferiti. Perchè è quasi un mio coetaneo (sono giovane, lo so che lo sapete) e ha già lavorato per i “capoccia” del mondo digitale italiano di riferimento (da Google e Hart, ora in We are Social). Perchè sul suo blog scrive pochi post, quasi sempre sulle novità dei social network e delle app e web app di riferimento, -segnalo i suoi post su Twitter, Foursquare e Google plus- ma lo fa con dati e fonti autorevoli alla mano e un respiro internazionale che aiuta a far comprendere le contingenze con un’ottica di ampio respiro. Lo odio, odiatelo anche voi.

Damiano Bourdignon ed Enrico Bisetto aka @Sestyle: se vi interessa scoprire tutto su come sfruttare le opportunità della rete e del social networking partendo dalle qualità e identità personali, loro sono gli esperti. Damiano ed Enrico, meglio conosciuti come “i Sestyle“hanno attitudine e sono l’esempio vivente di cosa significa creare un brand personale. Voglio perorare la loro causa perchè si sforzano con professionalità e simpatia di far capire che avere uno spazio online significa con attenzione creare una comunità, ritagliarsi uno spazio, curare i propri contatti cercando di generare contenuti di qualità e conoscenza condivisa. Poi li conoscerete dal vivo e loro vi sorrideranno e vi conquisteranno con uno stile da perfetti damerini, ma questa è un’altra storia.

Sono loro i primi della #ffuturap rubrica. E avrete capito perchè 140 caratteri non mi sarebbero mai bastati. Venerdì prossimo ci rivediamo qui, per dare spazio alla “mia” eccellenza digitale.