E se gli e-book fossero la soluzione per far pagare l’informazione online?

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La polemica sul business model del Web è vecchia tanto quanto la Rete stessa. Se poi restringiamo il campo all’informazione mettiamo le mani sull’ossessione di tutti gli editori, grandi o piccoli che siano: come farsi pagare l’informazione online? In effetti una modalità, per ora ancora in nuce, c’è e l’abbiamo sotto gli occhi tutti: gli e-book.

Qualche secondo per riprendersi dalla sorpresa e mi spiego. Mentre scrivo è uscito un’ottima inchiesta giornalistica di Carola Frediani sul mondo di Anonymous e dei cyberattivisti. Si presenta come un e-book, a cominciare dal formato ma è, in realtà una inchiesta giornalistica (tra l’altro fatta molto ma molto bene, come ci ha abituato l’autrice) solo che è un’inchiesta che “si paga”: €2,99 per la precisione. La questione è: dov’è il confine, in questo caso, fra il concetto di libro, elettronico, e quello di inchiesta giornalistica, di approfondimento informativo?

Se poi guardiamo allo sviluppo del formato epub, i confini divengono ancor più evanescenti. Gli e-book sono e sempre più saranno ipertestuali, ipermediali, integrano contenuti testuali, immagini, video, infografiche, animazioni, link a siti esterni, sono navigabili… insomma le differenze con le pagine web sono assai poche, a parte la diversa piattaforma tecnologica e, ovviamente, il fatto di essere a pagamento.

Il principale ostacolo alla trasformazione dell’informazione online da gratuita in onerosa sta, sostanzialmente in due problemi sinora non ancora superati. Il primo è l’ampia disponibilità di quella stessa informazione, in forma gratuita, nella Rete, il che rende improbabile che qualcuno paghi anche 10 centesimi per leggere qualcosa che trova gratis altrove. Diverso è il caso d’informazioni fortemente “verticali” e specialistiche, come per esempio quella finanziaria.

La seconda è il valore percepito delle informazioni che si offrono a pagamento, che discende dalla reputazione della fonte. Per questo i grandi mainstream anglosassoni si possono permettere tentativi, più o meno timidi di “informazione a pagamento”: la loro reputazione rende “diversa e di maggior valore” la notizia.

Se portiamo a sintesi questi due concetti è evidente che il problema è la “percezione” del valore del contenuto e dell’autorevolezza del medium da parte del pubblico. Bene, un e-book, cioè “un libro”, è di per sé, a determinate condizioni, un medium di valore e di approfondimento. E’, a tutti gli effetti, il paradigma del “contenuto alto”, approfondito, curato e affidabile e per questo, ovviamente a fronte di un interesse, si è disposti a pagarlo.

Alcuni editori italiani (Gruppo Espresso, Affari italiani, La Stampa, anche Linkiesta) hanno, “annusato” la questione, iniziando la produzione di “istant e-book” che altro non sono se non approfondimenti di fatti d’attualità. La stessa esperienza di 40k (http://40k.it/), in qualche modo segue questa strada.

Saranno gli e-book a sciogliere il nodo della valorizzazione economica dell’informazione? Io credo che, quantomeno, daranno un contributo importante, proporzionalmente alla loro integrazione con le dinamiche di fruizione del Web. Comunque oggi, rimangono l’unica forma di informazione giornalistica a pagamento e questo è e rimane un dato indiscutibile.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/ollmr-comunicazione-business-ed-etica-sul-web/e-se-gli-e-book-fossero-la-soluzione-far-pagare-#ixzz29GV1kFYp