Il dibattito ha coinvolto Luca Conti, fondatore pandemia.info, Daniele Chieffi, giornalista e scrittore, Carola Frediani, cofondatrice effecinque.org, Manuela Kron, direttore corporate affairs Nestlé, e Anna Masera, social media editor La Stampa.
Oggi c’è una forte crisi d’identità sia da parte dei giornalisti sia da parte dei comunicatori aziendali, che svolgono molto spesso attività di informazione, producono news e stimolano la riflessione attraverso le nuove piattaforme del web 2.0. La situazione è ancora più complicata se consideriamo che i nuovi mezzi hanno facilitato la diffusione di informazioni e tutti, più o meno consapevolmente, con Twitter e gli altri social possiamo dare e fare notizia.
Come ha sottolineato Anna Masera, marketing e giornalismo hanno sempre avuto due ruoli separati eppure la linea di demarcazione oggi è sempre più sfumata.
Io penso che nonostante tutto giornalista e Pr/Comunicatore (sia off che online) siano due mestieri completamente diversi. Il PR è sempre di parte e deve rispondere solo al suo codice deontologico. Il giornalista deve rispondere solo alla legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti.
Se le categorie tradizionali, chiare e in un certo senso rassicuranti, hanno ora una natura fluida, io penso che occorra avere onestà intellettuale con i nostri pubblici. Il web ha scompaginato le carte, possiamo lavorare con un account corporate o associare il nostro nome a quello di una testata giornalistica e promuoverla come brand. Il giornalista, tuttavia, quando diventa PR o comunicatore, deve sempre esplicitarlo. Ne va di mezzo la sua credibilità e reputazione.
Cosa ne pensate?