Tre giorni vissuti a stretto contatto con il social media team di Eni, all’interno della newsroom allestita nella hall dell’Hotel Brufani, durante i quali ho avuto la possibilità di osservare le loro azioni, interagire con loro e comprendere come un’azienda del calibro della compagnia del cane a sei zampe dialoghi con la propria community e i propri stakeholder.
Per realizzare la mia analisi, che non si pone alcun obiettivo di carattere scientifico, ho dunque cercato di raccogliere diversi pareri: fonti interne ed esterne, con conversazioni (per l’appunto, vis à vis) raccolte durante le pause-caffé o al termine dei panel.
Il mio obiettivo era dunque capire a fondo (“go deeper”, come insegna il giornalismo anglosassone) perché il lavoro svolto dal social media team di Eni sia, a detta di tutte le fonti da me sollecitate, “interessante”, “rilevante” e “all’avanguardia”.
Non voglio tanto soffermarmi sul caso Eni-Report, su cui esiste già una vasta webgrafia, bensì offrire un punto di vista “laterale” rispetto ai temi della comunicazione aziendale e del brand journalism.
Ho dunque cercato di condensare questo lavoro attraverso tre parole-chiave, che illustrano meglio di tanti tecnicismi quali siano i segreti per svolgere al meglio il proprio lavoro in ambito digital durante i giorni, unici e irripetibili, di un evento come il Festival Internazionale del Giornalismo.
Intensità
Il Festival del Giornalismo assorbe in maniera totalizzante e i minuti di respiro si contano sulle dita di una mano. Per questo motivo occorre essere sempre sul pezzo, ma non solo: le sollecitazioni, le richieste, gli spunti possono arrivare (e arrivano) da più fronti, non necesssriamente circoscritti all’universo social. Anzi.
Uno dei tanti aspetti affascinanti dell’IJF è proprio la capacità di mettere vis à vis non solo influencer o vere e proprie star del giornalismo, ma in generale tutti i professionisti della comunicazione. Quello con cui bisogna fare i conti è un vortice, un flusso continuo: stimolante, elettrizzante, arricchente, ma anche provante.
Nelle ultime ore l’inevitabile stanchezza perugina sembra prendere il sopravvento: in realtà traspare solo dal volto, ma non influisce mai sul lavoro, che rimane sempre di altissimo livello.
Straordinarietà
Per far parte del social media team di Eni non basta saper fare bene il proprio lavoro: occorre sapersi muovere come dei veri fuoriclasse. Ed essere duri, in primis con se stessi, ma senza mai perdere la tenerezza.
Nella newsroom di Eni ho avuto modo di respirare questa straordinarietà, che passava dal dialogo costante con la propria community, dalla creatività veicolata attraverso tutti i formati e le piattaforme e dalla rapidità di esecuzione. Una redazione giornalistica a tutti gli effetti, strutturata ma snella allo stesso tempo. E dove il network di talenti è messo nelle condizioni di poter esprimere appieno le proprie potenzialità.
Professionalità
Per comunicare la filosofia della propria azienda in maniera autorevole e credibile occorre stabilire un patto con il lettore, il fan o il follower, basato sulla fiducia. Concetto tutt’altro che scontato o banale, che necessita di un grande senso di responsabilità sotto il profilo etico.
Per questo motivo ogni componente del social media team è perfettamente consapevole del fatto che nel momento stesso in cui scrive un post su Facebook, retwitta un commento, pubblica una foto su Instagram o veicola una gif tramite Telegram, all’esterno viene percepita la voce dell’azienda.
E’ dunque fondamentale saper cosa dire in un momento preciso: la creatività va di pari passo alla tempestività, l’intuizione al raggiungimento dell’obiettivo finale.
Conclusioni
La nuova frontiera del brand journalism è questa. I pionieri sono già all’opera, setacciando, cercando nuovi filoni, orientandosi a vista in un mondo che cambia in continuazione. Un dato certo e imprescindibile, però, esiste ed è costituito proprio dal team, dalla squadra. La forza che traspare da quest’ultimo è infatti legata all’unione, all’affiatamento tra tutti i membri: ognuno con le proprie skills contribuisce a far emergere un lavoro che, in un periodo storico e in un settore in cui il livello di specializzazione richiesto è elevatissimo, non puó che essere frutto di un’organizzazione collettiva.
Alessandro Belotti