Sul web l’utente, normalmente attivo, quando si tratta di informazione, diventa un fruitore passivo. L’affermazione è di Pier Luca Santoro, sul suo Giornalaio ed è la sua lettura dei risultati del rapporto sull’informazione online pubblicato da Pew Research Center. Nel rapporto si evidenzia come vi siano solo tre le fonti [referrals] che generano più del 10% delle visite ai principali siti d’informazione stunitensi: Google [search + news], Drudge Report e Yahoo (search + news ]. A questo si aggiunge il “mediocre ruolo” dei social network nel convogliare traffico verso i siti di news (mentre invece è esattamente il contrario per i siti di altro genere). Insomma gli utenti non amano “personalizzare” la ricerca delle fonti di news ma si affidano in pieno ai grandi aggregatori e quindi, in ultima istanza, ai grandi siti mainstream.
A supporto di questa osservazione, di per sè indiscutibile (sono dati di grande chiarezza), Pier Luca e anche Lsdi, che riprende lo stesso post ed entra nella discussione, segnalano anche il parere di Roy Greenslade, giornalista del Guardian, il quale sostiene che “le persone preferiscono la sorpresa per le proposte di lettura che vengono dalle testate”. A onor del vero il punto non credo sia la voglia degli utenti di lasciarsi sorprendere o peggio, una loro “pigrizia” ma sia, piuttosto la necessità, ben avvertita dagli utenti stessi, di informarsi presso fonti ritenute autorevoli e attendibili. Questo studio, infatti, prova, ancora una volta, che sul Web, l’informazione, la notizia, per potersi considerare tale, deve viaggiare “marchiata” da un media autorevole. Il resto è percepito come rumore, come “diluvio d’informazione”, come già scriveva Levy qualche tempo fa, e si tende ad evitarlo, a non dargli credito.
In questo senso, a ben guardare, la scelta di affidarsi ai grandi aggregatori è un ulteriore segnale del bisogno di autorevolezza degli utenti. Vengono utilizzati servizi considerati innanzitutto “completi”, perché gestiti da piattaforme che hanno reputazione di essere le più affidabili e soprattuto in grado di selezionare i media, a loro volta, affidabili e autorevoli. Una “fiducia transitiva” che, dall’aggregatore arriva al media aggregato. La piattaforma gode di una sua autorevolezza e la rafforza attraverso la scelta di feed di valore. I siti godono anch’essi di una loro autorevolezza, rafforzata dall’essere scelti come feed dall’aggregatore. L’utente così ha la ragionevole certezza di trovare tutte le informazioni di cui ha bisogno, aggiornate, complete, dettagliate, affidabili e autorevoli. Che questo sia vero o quali possano essere i limiti, i rischi e le conseguenze del “delegare” la scelta della propria dieta mediatica è un altro discorso.
In buona sostanza lo studio del Pew Research Center conferma quanto sia centrale il ruolo di Gatekeeper sul Web, almeno nell’ambito delle news online. Gli utenti si rivolgono prevalentemente ai siti, a luoghi, a piattaforme considerati autorevoli e che quindi svolgono, a tutti gli effetti, gatekeeping, gestendo i flussi delle notizie e selezionando cosa sia una notizia e cosa no. E’ ovvio che gli aggregatori svolgono un ruolo più passivo in questo ma la scelta stessa dei feed è un’attività di gatekeeping. D’altronde l’esistenza d’influencer e, in generale, di nodi di rete che, attraverso l’autorevolezza riconosciuta dal loro cluster di riferimento, siano in grado di “aggiungere valore” al contenuto, trasformandolo in notizia ed eleggendo essi stessi a snodi della Rete, è un dato pacifico.
Nessuna voglia di “essere sorpresi” quindi, da parte degli utenti, ma la semplice scelta di dare fiducia a quello o a quell’altro newsmaker o a piattaforme considerate in grado di effettuare bene questa scelta. Che questo apra un rischio monopolio e un impoverimento della diversità delle fonti d’informazione e quindi della libertà della Rete è un altro discorso, che si ricollega a quello della trasfromazione del web in un’oligarchia, di cui abbiamo trattato <a href=”http://www.olmr.it/2011/05/gli-oligarchi-di-internet-e-le-online-media-relations/”>in altre occasioni su OLMR ma anche su Affari Italiani.