Boccia-Sangiuliano: il delitto perfetto che ha ucciso l’etica della comunicazione

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Sono stato fra i primi a lodare la tattica di comunicazione di Maria Rosaria Boccia che ha portato alle dimissioni del ministro Sangiuliano e ribadisco il giudizio tecnico positivo. È la prima volta nella storia che una strategia di comunicazione digitale porta alla caduta di un ministro. Gli altri, non pochi, ministri che si sono dimessi in seguito a irregolarità, scandali o provvedimenti giudiziari dal 1946 a oggi, sono caduti sotto i colpi dei media tradizionali, i social diventavano, ovviamente e progressivamente per gli episodi dal 2011 in poi, amplificatori di una narrazione che rimaneva completamente mediatica.

L’errore che non voglio però commettere è oscurare l’etica con la tecnica. Pur senza addentrarmi in valutazioni di tipo morale e men che meno giudiziarie, l’intero caso Boccia Sangiuliano è innegabile che navighi in aree grigie, con un uso spregiudicato di affari privati che hanno certo rilevanza pubblica perché coinvolgono un ministro della Repubblica, ma che non dobbiamo dimenticare non sono stati denunciati da un giornalista investigativo o da un whistleblowing ma dalla protagonista dei fatti stessi e usati come una clava per un evidente interesse personale, quale che sia: vendetta, rancore, ricerca di visibilità o altro.

Nell’operazione di Maria Rosaria Boccia non c’è senso delle Istituzioni, non c’è senso civico o di giustizia, bensì ricerca, come lei stessa ha più volte detto, di una verità, quella che secondo lei è la sua verità, riparatrice di un torto che lei ha subito. L’approccio è stato ed è allusivo, volutamente opaco, molto spesso al limite del ricattatorio. Sfrutta la pancia profonda, le curiosità morbose, la “gossip society”, come la definisce Luca Montani. Tutto questo non si sposa felicemente con il concetto di etica.

È questo che deve far riflettere chi fa comunicazione e giornalismo. Che l’affaire Sangiuliano-Boccia abbia segnato uno spartiacque tecnico nella comunicazione politica è un dato, così come, però lo ha segnato dal punto di vista dell’etica della comunicazione, politica e no. È come se fossimo rimasti un po’ abbagliati e sedotti dalla scaltrezza del grande ladro, dall’audacia del killer, dal fascino del grande cattivo, dalla raffinatezza del “delitto perfetto”, raccontate da tanta letteratura e cinematografia. Tutto vero ma pur sempre di delitto, furto, violenza si tratta.

Sì, perché la tattica “storica” messa in piedi dalla Boccia è proprio perfetta, tecnicamente, ma si erge su un vuoto etico importante che comunicatori e giornalisti non possono e non devono trascurare. Un “perfetto delitto comunicativo”, insomma. La vittima? Proprio l’etica nella comunicazione o meglio, l’etica nell’utilizzo degli strumenti di comunicazione. Non c’è dubbio, infatti che l’imprenditrice campana sia riuscita a utilizzare per i propri scopi strumenti, tecniche ma anche falle del sistema.

Non che i comunicatori non lo facciano sempre, si può dire. In fondo cosa facciamo se non utilizzare strumenti e tecniche per ottenere un risultato in termini percettivi, di reputazione, di informazione, finanche di persuasione, ma esistono o dovrebbero esistere precise regole etiche e deontologiche che delimitino chiaramente il confine fra comunicazione e manipolazione, fra informazione e propaganda.

Per primo io ho tessuto le lodi tecniche della Boccia, paragonandola, in un articolo scritto per l’Huffington Post, alla tattica che avevo ideato ai tempi di Eni e Report e arrivando a usare una provocazione in apertura del mio post che ha sollevato – a ragione, non funzionava – più di un mal di pancia. Cambiato l’incipit, è rimasta però la consapevolezza, sostenuta anche dalle reazioni che ho letto, che un tema etico ci sia e sia forte nella comunità dei comunicatori. Così come è forte la sensazione che non ci stiamo occupando abbastanza della fragilità comunicativa delle nostre Istituzioni, dell’evidente impreparazione mostrata nella gestione di una “campagna” comunicativa così aggressiva e così “moderna”, della permeabilità e manovrabilità delle dinamiche mediatiche, costantemente alla ricerca del trend.

Credo sia questo il tema da affrontare e sviscerare, per quanto riguarda noi che facciamo comunicazione. Lascio ovviamente i temi dell’etica della politica, del rispetto delle Istituzioni a chi ha gli strumenti per occuparsene e a ciascuno di noi, come cittadini.

Si comincia a parlare di Maria Rosaria Boccia definendola influencer, ipotizzando scenari di notorietà e parabole illuminate dai riflettori. Io personalmente spero non avvenga, pur sapendo, con il cinismo tipico del comunicatore ormai “anziano”, che potrebbe benissimo accadere e forse è proprio questo il problema.