Gli influencers non esistono, le persone, sulla Rete agiscono sulla base di decisioni già prese a livello istintivo, che vengono razionalizzate e quindi giustificate in un secondo momento. In sostanza si cerca conforto razionale per una decisione irrazionale già presa e quindi nessuno è realmente in grado di “indirizzare” o modificare le scelte di altri. Piero Tagliapietra, che mi perdonerà l’estrema sintesi, sostiene questo da tempo. Il suo approccio è decisamente interessante e si basa su una visione “biologica” dei comportamenti umani della quale abbiamo discusso a lungo a Sotn 2012, a Trieste.
“Le nostre scelte sono fatte a livello istintivo ed emotivo e razionalizzate solo in un secondo momento” scrive Piero nel suo blog (leggi qui) e ancora “Dato che la nostra sopravvivenza dipende dalla capacità di leggere l’ambiente e di anticiparne i pericoli con un cervello a capacità limitate, uno dei rapporti che cerchiamo di ottimizzare è quello tra informazioni utili e tempo. Online questo si risolve con la selezione di fonti particolarmente “nutrienti” in grado di fornire elementi di qualità nel minor tempo possibile (e questo spiega l’importanza degli hub informativi e la reticenza delle persone a cambiare piattaforma): tutto questo però è fatto a livello inconscio, decidiamo sulla base di informazioni che nemmeno sappiamo di avere. La corteccia prefrontale si attiva raramente e spesso crea o selezione le informazioni in suo possesso per trovare una spiegazione ragionevole per decisioni già prese, ad esempio quando ci chiedono di giustificare un comportamento”.
Sono affascinato dall’analisi di Piero e trovo che i suoi approfondimenti siano un’ottima chiave di lettura dei fenomeni profondi che sottostanno al funzionamento e alle dinamiche psicologiche delle persone online. Sono però meno d’accordo con le sue conclusioni. In realtà è lui stesso a reintrodurre il concetto di influencers dalla finestra, dopo averlo cacciato dalla porta. “Abbiamo detto – scrive Piero – che non esistono persone in grado di influenzare i comportamenti, ma ci sono soggetti con un ampio seguito che possono essere considerati degli “attivatori di comportamenti latenti o potenziali” dato che i follower sono già soggetti manipolati: più che di influencer possiamo quindi parlare di “mass trigger” o “mass activator” (non ho ancora trovato un nome giusto, le proposte sono più che ben accette)”.
Non vorrei sembrare semplicistico ma credo che il dibattito si possa ridurre a una questione di definizione e di risultato. Partiamo dal risultato. L’importanza degli influencers sta in quello che hanno il “potere” di fare, cioè indurre comportamenti. Da un punto di vista concreto che i followers, piuttosto che i membri della community, siano già manipolati o meno, ha poca rilevanza. Conta il fatto che esiste un soggetto (mass trigger, influencers, è una questione di nome) in grado di indurre queste persone a fare qualcosa. Certo, da un punto di vista scientifico non è secondario sciogliere il nodo sulla capacità o meno di far cambiare l’intenzione d’acquisto di una persona o semplicemente di “attivarla”, cioè spingerla a compiere un’azione che ha comunque già in animo di fare. In un caso o nell’altro, il ruolo di questi “personaggi influenti” rimane importante per un’azienda e per tentare di guidare le intenzioni d’acquisto.
Il discorso cambia molto, invece, se si analizza la definizione del termine influencers. Il dibattito, infatti, tende a suddividerne due categorie. Quelli in grado di influenzare le intenzioni di acquisto e quelli che si comportano da hub informativi, ovvero da gatekeeper, cioè selezionano notizie, le caricano con la propria autorevolezza e le comunicano ai propri followers o membri della community. Piero ne accenna quando parla di “mini mass media” ma, in questo caso, il ruolo degli influenzatori è pieno. In questo caso non c’è una decisione istintiva già presa, non c’è una scelta da attivare, c’è la visione di un fatto, c’è la narrazione della realtà che viene fornita da soggetti che altri considerano talmente autorevoli da poter, appunto, giocare il ruolo di narratori o interpreti della realtà, dei fatti. Sono, a tutti gli effetti “media”, in grado cioè d’informare il proprio pubblico e d’influenzarne la visione della realtà.
In questo senso il ruolo di un influenzatore è di straordinaria importanza, in quanto diventa esso stesso in grado di governare e filtrare i flussi informativi e reputazionali all’interno della community della quale è un influencers. Community, e su questo sono d’accordo con Piero, che si forma fra persone che condividono idee, opinioni, sensibilità precedenti. In un gruppo così coeso, governare i flussi informativi diventa ancora più strategico, in quanto la visione della realtà che il gatekeeper costruirà, poggerà su un sostrato coeso e omogeneo di idee e sensibilità.
In conclusione, ho dubbi sul fatto che non si cambi idea in Rete. Recentemente, per esempio, ero partito convinto di voler acquistare un Apple ma, leggendo e rileggendo le recensioni sulla Rete, alla fine ho acquistato un Pc. In realtà avevo già deciso prima? Io sono convinto di no, anche perché ricordo benissimo la recensione e l’aspetto tecnico che mi hanno portato a modificare la mia idea iniziale.
Sono però molto d’accordo sulle dinamiche profonde che sottostanno ai meccanismi decisionali e credo che l’analisi di Piero sia di grandissimo valore e riesca a spiegare meccanismi altrimenti opachi.
Infine, il lavoro di Piero non fa altro che confermare il ruolo fondamentale degli influencers come hub informativi, come veri e propri media, protagonisti dei nuovi paradigmi di comunicazione online.