Sembra che basti cliccare su “pubblica questa pagina” per poter dire: anche la mia azienda è sui social, in particolare su Facebook. Oggi è successo esattamente questo. Abbiamo cliccato su “pubblica” e la pagina è andata online. La prima global page ufficiale di Eni su Facebook è online: un brindisi, battute, foto con il team e la consapevolezza di aver fatto “la storia” in quest’azienda e di essere protagonisti di una vera rivoluzione culturale, almeno in termini di comunicazione.
Poi, torni nel tuo ufficio e ti siedi a riflettere sulla strada che hai percorso e ti rendi conto che una pagina su Facebook non un touch points digitale, un “luogo web”, è una scelta, grave, di cui l’azienda si assume la responsabilità e di cui tu, come “head of”, sei protagonista e vittima potenziale, contemporaneamente.
Perché grave? Perché è una promessa che fai ai tuoi interlocutori. Prometti di parlare, di conversare, di aprirti, di essere più trasparente, diretto e disintermediato. Soprattutto prometti di portar loro valore: di essere interessante, di ascoltare e rispondere, di pensare a quel che interessa ai tuoi stakeholders, prima di pensare a quel che interessa a te. Una promessa che non puoi non mantenere.
Così ripensi a quando il direttore ti aveva chiamato per dirti “da ora sei il capo dei Social Network. E’ una rivoluzione qui, a te il timone”. Alle lunghe riunioni che ne sono conseguite per definire come arrivare a questo momento. Innanzitutto il team: chi ne deve far parte, con che caratteristiche e ti accorgi che alcune di queste caratteristiche dubiti di averle perfino tu! Poi il consulente: serve l’agenzia, in che forma, potrà pubblicare o meno. Iniziano le lunghe trafile autorizzative interne, fatte di “ok” che arrivano tardi, quando arrivano, di budget che vengono tagliati all’improvviso e giù a ridisegnare tutto. Poi i rapporti interni: da mantenere in equilibrio, da curare, qualche volta da stressare.
E arrivi alla parte creativa: come scriviamo i post, con che tono di voce, con che “segno grafico”. Ti accorgi che ogni scelta che fai è, di per sé, un messaggio che ti caratterizzerà ma che provocherà una reazione in chi lo riceve. Inizi allora a cercare di prevedere i livelli di percezione: come interpreteranno gli stakeholders quel segno, quella scelta di testo, ironia o serietà, provocazione o “profilo basso”?
Poi le storie. Cosa raccontiamo, cosa effettivamente interessa, cosa l’azienda vuole che si racconti e per raccontare tutto questo usiamo i video, le infografiche, le foto. Sì, ma ogni contenuto ha un preciso processo produttivo: fotografi da inviare, telecamere da comprare, persone a cui insegnare a usarle e a far post produzione. E ancora costi, organizzazioni, riunioni per mettere in fila ogni cosa. Alla fine ti rendi conto che stai mettendo su una vera e propria redazione, con buona pace di chi sostiene che i social media team siano qualcosa di diverso.
Poi ti chiedi cosa succede se qualcuno ti attacca. Come rispondiamo, con che tempi massimi? Costruisci una mappa delle criticità possibili e inizi a preparare le possibili risposte. Organizzi il tuo network interno a cui rivolgerti in caso di problemi. Una persona di riferimento, in grado di aiutarti nel suo settore specifico, per ognuno dei settori sensibili dell’azienda. E ancora le mailing list interne, i sistemi di alert in tempo reale, le piattaforme di gestione da remoto delle interazioni del team, le linee gerarchiche. Scegli chi farà cosa e in che modo dovrà rapportarsi con te.
Quando hai davanti il primo PED (piano editoriale) continui a chiederti se sia sufficiente, se avresti potuto fare di più, come reagiranno i tuoi interlocutori interni ed esterni. E comunque vai, alla fine clicchi su “pubblica” e capisci che la comunicazione disintermediata è la vera sfida. Non c’è rete ma c’è la Rete, non c’è la calda protezione della sfera professionale che ti garantisce, di regole più o meno consolidate che ti proteggono. Facebook, i social, sono mare aperto, da esplorare, da imparare a conoscere. Come il mare se lo assecondi, lo temi e lo rispetti allora sarai un grande marinaio, viceversa ti si rivolterà contro e ti sommergerà. I social sono il più grande esercizio di umiltà e di servizio che un’azienda possa fare. A me è toccato l’onore di varare la barca di Eni. Ora c’è da navigare.