Il valore economico delle RP e l’insufficienza del ROI

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Un complesso e informatissimo articolo analizza un aspetto che spesso viene trascurato nelle attività di RP ossia la valutazione del ritorno economico. La tecnica più utilizzata per capire quanto abbia “fruttato” una campagna di comunicazione è il calcolo del ROI che è un indice nato per le campagne pubblicitarie. Non a caso il rapporto Likely, citato da Stefania Romenti, si riferisce alle campagne di comunicazione e quindi, in ultima analisi, sull’attività push delle RP.

Quello che però non viene minimamente affrontato e che, sino ad oggi, è tutt’altro da essere definito, è la possibilità di misurare il valore economico delle RP non solo in modalità push me nella generalità delle proprie attività. In buona sostanza le RP e le media relations che ne sono una parte centrale, non svolgono solo attività push ma anche reactive, difensiva nei confronti della reputazione dell’organizzazione che rappresentano. Questo aspetto, unito all’attività proattiva, all’ingaggio delle communities degli influencers e dei media online, costituisce la complessiva attività delle RP.

E’ possibile allora misurare il valore economico della difesa del brand, della reputazione come somma dell’attività reactive e dell’attività push? Il ROI non è assolutamente l’indice più adatto, in quanto si basa su benchmark legati a “campagne” che presuppongono un dato investimento e su quello misurano un dato risultato. C’è la necessità di sviluppare un indice diverso, in grado di mettere in relazione l’andamento della reputazione dell’organizzazione e di definirne un valore economico. In estrema sintesi un indice che riesca a rispondere alla semplice domanda: quanto vale un certo livello di reputazione? e ancora, quanto mi costa un downgrade oppure quanto mi fa guadagnare un upgrade?

A livello internazionale molti istituti di ricerca stanno cercando di sviluppare modelli matematici in grado di misurare le tante variabili che entrano in gioco in questo ambito e dare un indice in grado di rappresentare il valore della reputazione e qwuindi, di conseguenza, il valore economico dell’apporto delle funzioni RP all’organizzazione. Un modello matematico che, se sviluppato, sarebbe in grado anche di svolgere attività predittive come, per esempio, restituire un valore del danno potenziale di un certo tipo di crisi reputazionale o di misurare il “vantaggio” competitivo, le quote di mercato che potrebbero scaturire da miglioramento della reputazione stessa.

Ma ad oggi siamo ancora lontani da avere a disposizione questo tipo di strumento. Ma in sua assenza non è sufficiente utilizzare il ROI o gli altri indici sviluppati per il mondo dell’advertising e della comunicazione commerciale, proprio perché le RP non sono questo ma sono molto di più.

 

da Ferpi

di Stefania Romenti

La valutazione economica delle relazioni pubbliche è stato oggetto di dibattito e riflessione nel paper di Fraser Likely dal titolo Principles to Follow When Attempting to Employ Financial Measures with a PR/C Program or Campaign, presentato alla quindicesima Annual International Public Relations Research Conference che si è tenuta recentemente a Miami, in Florida.

Il tema della valutazione economica e delle sue tecniche è di complessa applicabilità nei contesti organizzativi. Il paper di Likely ha portato all’attenzione dei professionisti di relazioni pubbliche, in modo molto diretto e pratico, un tema di grande attualità cercando di rispondere alle tre seguenti domande:

  • Perché i professionisti di relazioni pubbliche non possono esimersi dalla valutazione economica dei propri progetti?
  • Cosa intendiamo per tecniche di valutazione economica?
  • Quali tecniche di valutazione economica, oltre al ROI, i professionisti di relazioni pubbliche possono impiegare?

1) L’importanza della valutazione economica per le relazioni pubbliche

La valutazione economica è cresciuta di importanza nel campo delle relazioni pubbliche per due motivi: perché gli investimenti di relazioni pubbliche sono ritenuti sempre più strategici dalle organizzazioni e perché contestualmente le risorse disponibili, in primis economiche, sono sempre più scarse.

La funzione delle relazioni pubbliche è sempre più istituzionalizzata – come testimoniano le numerose ricerche empiriche in USA (Gap Study), Europa (European Communication Monitor) e in Italia (osservatorio IULM) – nei contesti organizzativi d’impresa. E se gli investimenti in comunicazione sono percepiti come sempre più strategici, è indispensabile che i decisori aziendali e i manager dispongano di informazioni attendibili, sempre disponibili e aggiornate per orientare i propri processi decisionali rispetto a tali investimenti.

Al contempo i contesti organizzativi sono caratterizzati da una altrettanto crescente scarsità di risorse disponibili. E se il reperimento e l’allocazione delle risorse diventa rilevante, è indispensabile che i professionisti di comunicazione sviluppino le proprie competenze di analisi economica per impiegarle in chiave sia predittiva per selezionare gli investimenti migliori, sia consuntiva per la gestione, il controllo e il monitoraggio dei progetti realizzati.

2) Definizione di tecniche di valutazione economica

La valutazione economica serve quando non sono disponibili valori di mercato per attribuire un peso economico a un progetto. Tutti gli indici (ratio) di valutazione economica pongono in relazione i costi (diretti e indiretti) di un investimento con i benefici dello stesso. In parole semplici, le tecniche di valutazione economica ci dicono se attraverso un progetto di comunicazione possiamo raggiungere più benefici a parità di costi, oppure se possiamo raggiungere gli stessi benefici diminuendo i costi.

Il paper di Likely ha un grande merito. Sottolinea che le Rp e la comunicazione devono impiegare le più consolidate e diffuse tecniche di valutazione economica. Ribadisce che la funzione di Rp/comunicazione può misurare il ROI di una campagna solo se i costi diretti e indiretti sono quantificabili così come i benefici per l’organizzazione. Ma soprattutto Likely ha il merito di ricordare che, oltre alla formula del ROI, esistono altre tecniche per la valutazione economica altrettanto adeguate per la comunicazione.

3) Tecniche di valutazione economica

Le tecniche più diffuse che vengono menzionate da Likely sono: l’analisi costi-benefici (benefit-cost ratio/BCR) che è il preambolo del ROI e l’analisi costi- efficacia (cost-effectiveness analysis/CEA).

Il rapporto costi-benefici (oppure benefit-cost ratio, BCR)

L’analisi costi benefici è teoricamente l’anticamera del ROI e viene propriamente utilizzata per selezionare i progetti di comunicazione più convenienti, cioè i cui benefici attesi risultano preponderanti rispetto ai costi.

Likely sottolinea in questo caso che:

  • la campagna di RP deve avere obiettivi attesi molto chiari e ben definiti;
  • di ogni potenziale beneficio (una vendita portata a termine, una firma o qualsiasi azione) deve poter essere calcolato l’equivalente valore monetario;
  • i valori monetari, attribuiti a ciascun potenziale beneficio attraverso la tecnica della variazione compensativa, devono essere calcolati in modo molto accurato;
  • un rapporto positivo tra costi e benefici significa che i ritorni finanziari del programma superano i costi. In caso contrario, il programma non deve essere selezionato;
  • un valore di riferimento del rapporto costi-benefici deve essere stabilito durante la fase di progettazione della campagna. Questo valore indica il rapporto minimo accettabile tra i costi e i benefici.

Il ritorno sull’investimento

La formula del calcolo del ROI più comunemente usata è la seguente:

ROI = [Beneficio netto $(Benefici – costi)/Costi $] x 100

Per il calcolo del ROI, Likely ribadisce che:

  • il ritorno sull’investimento di una campagna di comunicazione è il valore economico di ogni cambiamento avvenuto nei pubblici di riferimento;
  • per calcolare il ROI ogni cambiamento avvenuto (a livello cognitivo, attitudinale, conativo) nei pubblici di riferimento della campagna, deve essere convertito in benefici per l’impresa, e poi in valori monetari;
  • gli intangibili generati dalle RP non possono comunque essere sempre quantificati e convertiti in valori monetari;
  • il calcolo del ritorno economico di una campagna di RP, che ha una durata superiore a un anno fiscale, deve prendere in considerazione l’ammontare dei costi opportunità e dei ritorni minimi considerati accettabili, nonché il momento in cui i ritorni marginali dell’investimento iniziano a diminuire.

Analisi costo efficacia (oppure Cost-effectiveness analysis, CEA)

L’analisi costi – efficacia viene impiegata quando non è possibile attribuire dei valori monetari ai benefici di un progetto di investimento in comunicazione. Anche in questo caso l’applicazione più diffusa è quella della valutazione di progetti alternativi, che abbiamo in comune gli stessi obiettivi.

Likely ribadisce che:

  • deve essere identificata un’unità di efficacia (effetto) che possa fungere da pietra di paragone tra i diversi progetti valutati e rispetto alla quale valutare le differenze di costi;
  • dovrebbe essere impiegata per tutti i potenziali investimenti in comunicazione;
  • l’unità di efficacia deve essere quantificabile, anche se non traducibile in termini monetari.

Oltre le formule

Quello che è importante ribadire a completamento di quanto sottolinea Likely, è che la valutazione economica rimane una tematica ad alta complessità applicativa nei contesti aziendali. Questo implica che apprendere le formule e le procedure di calcolo degli indici non basta. Serve sapere quando questi metodi si possono applicare e come se ne devono leggere e interpretare i risultati.

I punti affrontati da Likely sono di certo importanti. Il calcolo del ROI è un sistema diffuso e consolidato, capito da tutti i CEO e i manager aziendali e quindi è importante che entri nella cassetta degli attrezzi del comunicatore, ma è bene tenere presente come vanno interpretati i risultati. Un ROI del 120% è sempre migliore di un ROI del 90%? La risposta è no. Il ROI non va solo letto in termini assoluti, ma deve essere interpretato alla luce di altri dati: come il tempo necessario al pareggio (pay back period) e il tempo necessario per produrre il ritorno economico. In tempi di crisi e di incertezza economica, un investimento che riduce il pay back period e i tempi di ritorno, potrebbe essere preferibile. Mentre in tempi di sviluppo e di crescita, il pay back period non è forse un dato interessante ma quello che interessa maggiormente è la dimensione del ritorno economico in sé. Per non citare la molteplicità dei fattori, variabili a secondo del business, che possono complicare il calcolo e l’interpretazione del ROI.

La valutazione degli equivalenti monetari dei benefici di un’attività di comunicazione non è poi un’operazione semplice. Esistono tecniche diverse per poterlo fare. Così come non semplice è la quantificazione dei costi di un investimento in comunicazione. Pensiamo per esempio ai problemi di tempo. La valutazione economica dei costi ha luogo in un momento diverso da quello in cui avranno luogo i benefici, pertanto può essere necessario il calcolo di tassi di sconto per l’attualizzazione. Analogamente c’è un problema di incertezza: ci sono benefici più probabili di altri ed è necessario tenerne conto nel calcolo della loro valorizzazione economica.

Per concludere, al di là delle formule di facile applicazione e dei principi pronti all’uso indicati da Likely, le tecniche di valutazione economica esigono solide basi in termini di accuratezza metodologica, problematizzazione interpretativa e capacità critica.