Jaron Lanier: “Costruiamo un web più intelligente”

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Pioniere della realtà virtuale, è tra le 100 persone più influenti per la rivista Time. Nel suo ultimo libro, Tu non sei un gadget (Mondadori) critica l’evoluzione del Web e la retorica dell’open source

20 gennaio 2011 di Jaron Lanier
Su temi come “realtà virtuale” e “Web 2.0”, Wired.it aveva già discusso con Jaron Lanier, in occasone dell’uscita del suo libro Tu non sei un gadget.
Leggi l’intervista di Giorgio Fontana
Trent’anni fa coniai il termine “ realtà virtuale”. Oggi è un momento chiave per queste tecnologie e questo mondo. Diciamo che finora il concetto ha avuto successo soprattutto nel mondo dell’industria. In sostanza: è impossibile comprare un’auto che non sia stata progettata prima nella realtà virtuale, è impossibile prendere un aereo che non sia stato modellato lì…Per non parlare delle applicazioni nella chirurgia. Ma la cosa più interessante è il modo in cui la realtà virtuale sta scivolando lentamente anche nella nostra vita di ogni giorno. Quest’anno ad esempio la Microsoft ha progettato Kinect. Con questo accessorio dell’ Xbox interagisci con il videogioco tramite il solo movimento del corpo. Ecco, questo è solo un piccolo passo verso l’immersione nella realtà virtuale, e c’è molto lavoro da fare ancora: ma è comunque un passo importante. Non si tratta solo di un device per giocare. Avevo circa venticinque anni quando ho previsto che la realtà virtuale sarebbe diventata davvero utile per le persone: e ora eccoci qui. Non mancano però i punti critici di questa evoluzione.

La storia ci ha consegnato molte lezioni difficili e delicate, e ho l’impressione che alcuni errori del passato siano stati ripetuti nella gestione di Internet. Uno dei principali riguarda proprio il pensiero della collettività. Molte persone, specie da giovani, trovano attraente quest’idea, così come l’idea della condivisione eccetera: ed è naturale, ci mancherebbe. Ma eleggere la collettività a unico ideale è un po’ come avere un solo partito comunista al comando. Le cose non vanno molto bene. Quello che voglio dire è che in un regime dove conta solo la collettività, le persone più intelligenti e fuori dal comune si trovano nei guai.

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