Jaron Lanier: “Costruiamo un web più intelligente”

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Quando i comunisti sono la minoranza, aiutano le persone creative. Quando sono la maggioranza, le reprimono. Questo schema si è ripetuto in Russia, e in Cina, in eccetera: e qualcosa di simile si sta ripetendo nella Rete. Molti dei miei amici credono che da Internet emergerà davvero una coscienza collettiva. Penso ci sia una profonda matrice religiosa in questo. Da un lato hanno respinto le religioni classiche, e dall’altro ne hanno ripristinato gli ideali in maniera diversa.

È come se per loro Internet ci donasse il fine della Singolarità, di una coscienza globale e viva dove staremo tutti bene – qualcosa di molto simile al paradiso. Non che io voglia criticare la religione in generale, ma il problema è che quando disegni tecnologia dovresti farlo senza alcun obbligo religioso. In sostanza, il Web 2.0 – così come la rivoluzione informatica in genere – ha avuto un successo pazzesco dal punto di vista commerciale.

L’avvento dei pc ha permesso a molta gente di creare la propria via personale al successo, e ha favorito tantissime piccole aziende. Ma la Rete di massa ha portato a una sorta di cortocircuito: l’utente diventa un cliente o un consumatore di default.Wikipedia e altre forme di aggregazione sociale, ad esempio, sono qualcosa di sperimentale e innovativo finché sono una minoranza. Ma quando diventano la maggioranza diventano repressive. E la mia opinione è che siano davvero repressive. Personalmente, credo che la soluzione sia di rendere le singole persone più intelligenti, invece che di rinforzare un’entità superiore come l’intelligenza collettiva. Questo è un progetto molto più concreto, per nulla vago. Ed è possibile farlo anche con nuove vie di comunicazione, come la comunicazione post-simbolica.Mi spiego meglio: al momento comunichiamo quasi solo attraverso il linguaggio. E il linguaggio è una cosa fantastica, ovvio: eccoci qui, io e te che parliamo a un oceano di distanza. Ma possiamo imparare a comunicare anche in altri modi: suonando, facendo sesso, o danzando, o… cucinando. E allora, perché non usare la realtà virtuale per trasmettere le esperienze in maniera diversa, senza la mediazione dei simboli? Questa sì che sarebbe condivisione vera. Ci sto lavorando da anni, ma sono ancora all’inizio.

Uno degli aspetti deteriori del Web è, inoltre, la diffusione dei commenti anonimi. A volte possono anche essere espressione di libertà personale, ma la mia raccomandazione è di non postare anonimamente a meno che non siamo in pericolo di vita o simili. Credo però che al giorno d’oggi queste occasioni siano davvero rare: nella stragrande maggioranza dei casi si fanno commenti anonimi senza alcuna buona ragione per nascondersi. Diventa solo uno scudo dietro cui tirare fuori il peggio di noi. Ma questo si lega anche ad altri aspetti del processo con cui Internet ti rende effettivamente anonimo. Ad esempio, quando riempi il form di iscrizione su Facebook, la tua scelta è limitata a questa o quella opzione, e a questo o quel modo di descriverti: un flag su una casella. Io credo che le persone dovrebbero invece raccontarsi in maniera indipendente.

La retorica della libertà online è, in fin dei conti, solo retorica. Quando le persone usano Facebook o Google condividono delle informazioni che spesso non sanno neanche di condividere. Ma la cosa ancora più grave è che Facebook e Google fanno soldi con tali informazioni: un modello di Internet finanziario che sta aumentando sempre di più, senza che la gente se ne accorga davvero.

Che futuro c’è per l’umanismo, per il nostro concetto di persona? Buona domanda. La questione dell’umanismo è molto vicina a quella della democrazia, e quindi al ruolo della classe media. Puoi creare una società che celebra l’individuo, oppure una società collettivista e repressiva (e questo comprende anche l’ipercapitalismo, non solo il comunismo).

da Wired

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