L’arrogante giornalista web-ignorante e il naufragio del Sole sul Poernano

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C’è innanzitutto un aspetto umano, di buone maniere, nell’episodio che ha visto coinvolta la collega Rosanna Santonocito del Sole 24 Ore, che gestisce l’account Twitter @24Job. In quel modo non si risponde a nessuno, è pura buona educazione. C’è poi un aspetto, più inquietante, che riguarda il fatto che una giornalista, una professionista della comunicazione, utilizzi un medium che non conosce. Basta vedere perché si è attivato il flame ovvero un CC che la giornalista ha interpretato come un uso non autorizzato del suo account. Insomma ha pensato che qualcuno, usando il CC, inviasse un messaggio a tutti i followers di @job24. Un castroneria incredibile, che testimonia, l’ignoranza dello strumento. (leggi qui lo storify completo).

Pur di non ammettere l’errore o non prendendo neanche in considerazione che l’utente potesse aver ragione, la giornalista si è difesa con una violenza e un’ineleganza che non si vedevano dai tempi del caso Patrizia Pepe. In buona sostanza ha risposto: “zitto tu che hai solo 700 followers, come osi parlare a me che ne ho migliaia?”

L’arroganza di una risposta basata sulla misurazione del peso del potere di parola è un segnale inquietante per due aspetti. Il primo è che i giornalisti (non tutti, certo) non sono ancora riusciti a scrollarsi di dosso quel vago complesso di superiorità culturale che li ha sempre portati a considerare i lettori un po’ il “popolo bue”. Quello che porta a dire: io sono un giornalista, parlo a migliaia di persone, tu misero lettore con una sparuta pattuglia di followers non devi osare interloquire con me. La traslazione digitale del complesso del “grande quotidiano”. Mi leggono a centinaia di migliaia, sono più bello, forte, intelligente, autorevole, intellettuale, importante, socialmente rilevante, culturalmente decisivo di te che sei un lettore o scrivi per un piccolo foglietto di periferia (la crudeltà fra giornalisti è paragonabile solo a quella fra i bambini o fra il maschio e la femmina della mantide religiosa).

Dall’altra, ancora, la profonda arretratezza culturale di chi è sui social e lo dovrebbe fare professionalmente. Ormai anche uno studente delle medie sa che la audience, il numero di followers non è un dato rilevante. Lo è, viceversa, la capacità d’ingaggio. Se hai migliaia di followers ma nessuno ti ritwitta forse dici cose poco interessanti. Inoltre la community manager del Sole si sarebbe dovuta porre la domanda che il povero twittatore aveva sì “solo” 700 followers (quanto me, sono un poernano anch’io) che però seguono lui. La community manager ha migliaia di followers che seguono il Sole 24 Ore. Forse c’è una differenza.

Signori, Twitter e i social vanno maneggiati con cura, con la stessa attenzione con la quale non si mischia acido nitrico e glicerina per non avere nitroglicerinna e non farsela esplodere fra le mani. Quindi, per quelli che “stare su Twitter o su Facebook è una passeggiata” e per le aziende che ci mettono il nipote del fratello del direttore “che a casa sta sempre su facebook” (giuro, di casi così ce ne sono, hai voglia se ce ne sono), questa potrebbe essere una buona lezione.

Sì, perché il danno l’ha subito anche il Sole 24 Ore, non solo la giornalista che il web sta rasoiando con perizia e metodicità. Per il Sole la Santonocito è uno Schettino in sedicesimi (mi scuso per il paragone, fatto con il massimo rispetto per le vittime della Concordia). Infatti, la domanda che gira è: con che diavolo di criterio hanno scelto chi mettere sulla plancia di comando di un account ufficiale dell’azienda? Già i criteri. Le aziende scelgono secondo criteri a chi affidare la propria reputazione sulla Rete? Qualche volta evidentemente no e i risultati si vedono, purtroppo.

Infine un’altra cosa a cui questi espisodi servono. Servono a capire quanto, in realtà, la categoria giornalistica (la mia categoria), proprio quella che sarebbe chiamata a raccontare il cambiamento, sia rintanata nelle sua grotta e il cambiamento lo combatta come una minaccia. Non tutti la vivono così. Ci sono colleghi che hanno capito quanto i social e il Web siano il nuovo universo di riferimento e quante opportunità offrano a chi di mestiere vuole fornire il servizio dell’informazione. Sì, perché di servizio si tratta, sempre e comunque e per farlo bene, la prima cosa è rispettare il tuo cliente ovvero il tuo lettore. Dargli del Poernano non mi sembra proprio un esempio, da questo punto di vista.