Un recente studio della Cardiff University, ha rivelato che l’80% degli articoli dei principali quotidiani inglesi è costruito su materiale e informazioni forniti da uffici e società di Pubbliche relazioni. Solo il 12% è realizzato su informazioni raccolte direttamente dai giornalisti. Ma anche in Italia, da questo punto di vista, non ci facciamo mancare niente. Un interessantissimo articolo della Voce.info, sottolinea, scientificamente, il legame fra pubblicità e copertura. Il testo è qui sotto ma prima due riflessioni. Dallo studio de La Voce, emerge un legame piuttosto inquietante fra pubblicità e PR. Chiunque lavori in un ufficio stampa sa che “pianificare” una testata la rende più morbida e recettiva all’informazione push ma si sa anche che usare in maniera troppo esplicita e ripetuta questa leva, distrugge la credibilità dell’ufficio stampa stesso. Per questo tantissimi professionisti evitano accuratamente di far uso della leva pubblicitaria. I numeri, però parlano abbastanza chiaro. Che raccontino un processo, in qualche modo degenerativo di questa professione?
La seconda considerazione riguarda il Web. Il modello di business online è ancora molto lontano dall’essere chiaro e solido. Gli editori online, quasi tutti, tranne forse i grandi gruppi, sono quindi particolarmente sensibili agli investimenti e alle “pianificazioni”. Questo significa che, sul Web, le PR hanno ancora più forza nell’imporre copertura attraverso la leva di pianificazione? Ma soprattutto, lo fanno? Uno studio specifico su questo non esiste ancora ma alcuni segnali lascerebbero credere che in alcune aziende si stiano affermando approcci all’online nei quali la leva finanziaria viene usata non solo per influenzare i contenuti ma, spesso, per imporli (se scrivi così ti do pubblicità, altrimenti no). Chi fa bene Online Media relations sa che questa strategia è devastante e alla fine gli anticorpi della rete finiscono per individuare e distruggere l’azienda che la persegue. Ma, prutroppo, il Web e i suoi meccanismi non sono ancora chiari a tutti…
da lavoce.info
Quell’informazione comprata con la pubblicità
di Marco Gambaro e Riccardo Puglisi 12.07.2011
Avere informazioni credibili e obiettive costituisce un modo con cui i cittadini possono osservare e controllare le decisioni politiche ed economiche. Se la pubblicità può influenzare i contenuti editoriali, si produce un cortocircuito pericoloso dove assumono importanza le informazioni riservate. Una ricerca mostra che i quotidiani pubblicano più articoli sulle società quotate che fanno più pubblicità sulla loro testata.
Con le recenti vicende relative alla fantomatica “P4”, che hanno portato all’arresto del lobbista Luigi Bisignani, si è anche ricominciato a riflettere sul tema dell’influenza della pubblicità sui mass media. Si tratta di un problema che riguarda molte testate. La trasparenza dell’informazione emerge come fattore centrale nel controllo e monitoraggio dei processi decisionali e la possibilità che l’informazione economica relativa alle imprese sia influenzabile dalle imprese stesse attraverso gli investimenti pubblicitari dovrebbe suscitare riflessioni.
LA RICERCA
A prescindere dalla discussione del caso singolo, il tema degli effetti della pubblicità sulla copertura giornalistica – in particolare da parte dei quotidiani – può essere analizzato in maniera sistematica, utilizzando dati sugli acquisti pubblicitari e sfruttando gli archivi online dei giornali stessi. In un recente lavoro, disponibile qui, ci siamo focalizzati sul caso italiano e abbiamo raccolto dati sulla copertura mediatica di tredici societàquotate medio-grandi da parte di sei quotidiani, durante il biennio 2006-2007. L’analisi mostra la presenza di un legame positivo, statisticamente ed economicamente significativo, tra l’ammontare di pubblicità acquistata mensilmente su un dato quotidiano da una data società e il numero di articoli che menzionano quella società su quel quotidiano.
Nella fattispecie, le società considerate sono Campari, Edison, Enel, Eni, Fiat, Finmeccanica, Geox, Indesit, Luxottica, Mediolanum, Telecom Italia, Tiscali e Tod’s, mentre i quotidiani sono Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa,Il Resto del Carlino, Il Mattino di Padova e Il Tirreno. Evidentemente le varie società hanno un diverso livello medio di rilevanza mediatica, così come i quotidiani potrebbero avere una diversa propensione a trattare di temi finanziari, e di queste imprese in modo particolare. Non bisogna poi dimenticare l’esistenza di legami proprietari tra Fiat e La Stampa, e tra Fiat, Telecom Italia e Tod’s con Il Corriere della Sera tramite la partecipazione al patto di sindacato. Dal punto di vista statistico, la presenza di una molteplicità di quotidiani e di imprese permette di incorporare medie diverse di copertura per la singola impresa sui diversi quotidiani, e per il singolo quotidiano a proposito delle diverse imprese, e infine di tenere conto dei legami proprietari di cui sopra. Ebbene, tenendo conto di questi fattori, l’analisi statistica mostra un legame positivo e significativo tra la pubblicità e la copertura mediatica: dal punto di vista quantitativo un aumento di 50mila euro nella pubblicità mensile acquistata da una data impresa su un quotidiano si associa in media con tredici articoli aggiuntivi al mese che menzionano quell’impresa.
Per quanto concerne i legami proprietari, mentre non osserviamo una differenza significativa sul Corriere per le tre imprese che partecipano al patto di sindacato, troviamo che vi sono sistematicamente più articoli che menzionano la Fiat su La Stampa. Naturalmente, la proprietà comune potrebbe non essere l’unica spiegazione di causalità. Il fatto che ambedue siano a Torino potrebbe suggerire una spiegazione sul lato della domanda, attraverso le preferenze dei lettori piemontesi.
L’EFFETTO DEL COMUNICATO STAMPA
L’attività comunicativa delle imprese non si estrinseca soltanto nell’acquisto di pubblicità ma anche nella emissione di comunicati stampa, talora necessitati – per le imprese quotate – dall’obbligo di diffondere in una maniera regolamentata informazioni price sensitive, cioè che possono influenzare il prezzo in borsa. Per le imprese nel nostro campione abbiamo ricavato dai siti istituzionali delle imprese stesse la data esatta in cui è stato emesso un comunicato stampa. Nessuno dovrebbe stupirsi che – il giorno dopo l’uscita di un comunicato da parte dell’impresa X – vi sono sistematicamente più articoli che menzionano quell’impresa. L’aspetto cruciale della cosa è che l’aumento di notizie dopo un comunicato stampa è significativamente maggiore sui quotidiani su cui l’impresa X compra più pubblicità. Traspare dunque una sinergia interessante tra l’acquisto di pubblicità e l’attività di relazioni pubbliche.
Come spiegare questi risultati? Secondo un’interpretazione benevola, esiste un effetto riflettore della pubblicità, per cui la società che compra più spazi acquista notorietà anche agli occhi dei giornalisti, che trovano più facile ricordarsene e menzionarla nei propri pezzi. Secondo l’altra interpretazione, vagamente più malevola, le imprese, in modo più o meno implicito, non comprano soltanto spazi pubblicitari, ma anche l’attenzione aggiuntiva dei quotidiani all’interno degli articoli.
Sull’influenza della pubblicità, l’effetto della concorrenza può essere ambiguo. Da un lato, un grado maggiore di concorrenza può spingere i giornali a meglio accontentare i lettori, evitando di farsi catturare dagli inserzionisti pubblicitari, ma d’altra parte un mercato più frammentato implica giornali più piccoli che hanno meno potere contrattuale con le imprese.