Come ti comunico l’azienda

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da My Web – di Roberto Favini

I contenuti sono quelli strettamente indispensabili ma viene data ancora poca rilevanza all’attrazione dei talenti, alla sostenibilità, alla presenza sui social media (in particolare al presidio della net reputation su canali come Twitter, Linkedin e Wikipedia) e ai contenuti multimediali.

Questo in sostanza è ciò che emerge dal confronto della comunicazione corporate on-line delle principali società italiane rispetto al resto d’Europa, secondo il report annuale KWD Webranking rilasciato da Lundquist, probabilmente il più autorevole a livello mondiale tra quelli che analizzano la qualità della comunicazione corporate on-line e che in questa edizione ha analizzato 829 società di tutto il mondo quotate in Borsa.

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Delle 100 società italiane prese in considerazione dalla ricerca, ben 31 risultano addirittura “non classificabili” in base ai KPI fissati.

Il punteggio medio ottenuto dalle società italiane è più alto di quello europeo, anche se da un’analisi più approfondita ci si accorge che questo avviene solo grazie a poche realtà virtuose. Considerando infatti solo le Top 20 società per ogni nazione, l’Italia si piazza al quarto posto in Europa (dietro a Finlandia, Svezia e Germania).

Rispetto al resto d’Europa, in Italia viene data molta rilevanza ai risultati finanziari ma poca all’attrazione dei talenti, alla sostenibilità e alla presenza sui social media (in particolare al presidio della net reputation su canali come Twitter, Linkedin e Wikipedia). Anche i contenuti multimediali sono meno presenti sui siti italiani.

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Per attirare investimenti e capitali non è sufficiente mostrare gli andamenti finanziari ma occorre anche fornire informazioni sulle prospettive future. In questo le società italiane sono carenti: il 55% di loro non presenta la strategia e l’83% non fornisce informazioni né su obiettivi finanziari né su come raggiungerli.

In Italia, solo poco più della metà delle aziende valutate presenta un bilancio di sostenibilità (contro il 94% tra le maggiori 100 aziende livello europeo) e una su quattro non presenta alcuna informazione di sostenibilità (eccetto il codice etico). Anche quando presenti, le informazioni non finanziarie sono poco valorizzate.

A tal riguardo occorre ricordare che esiste una nuova direttiva europea sulla trasparenza non-finanziaria che spinge le aziende a pubblicare informazioni inerenti a tematiche come diritti umani, anti-corruzione, diversità e ambiente. L’obiettivo quindi per le aziende diventa spiegare in che modo la sostenibilità crea valore a supporto del loro core business.

Paradossalmente, l’employer branding è la sezione più trascurata nonostante sia quella più visitata nei siti istituzionali. Un quarto del campione italiano, per esempio, non presenta l’azienda ai potenziali candidati e quasi la metà non informa sulle posizioni aperte sul proprio sito.

Cresce l’integrazione dei media digitali nelle strategie di comunicazione, ma meno che nel resto d’Europa.
Tre società su cinque hanno inserito sul sito anche i riferimenti ai propri account social, ma solo il 20% spiega o integra contenuti social media anche all’interno del sito. Solo il 46% è presente su Linkedin almeno di base, contro il 66% della media europea. L’86% di queste società è citata su Wikipedia.

Per le società emergenti il sito corporate non viene considerato uno strumento chiave per comunicare e per attrarre investitori, specialmente per quanto riguarda la sezione investor relations. In questi casi anche le informazioni di base sono lacunose.

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E’ in crescita l’attenzione per la fruizione dei contenuti da parte dell’utente. Il design dei siti corporate è sempre più curato e il responsive design è sempre più adottato: dall’8% di un anno fa si è passati al 30% dei siti analizzati. Questa crescita è dovuta al fatto che l’80% dei nuovi siti lanciati nel 2014 è responsive.

Un dato molto importante è che le versioni mobile dei siti e le app vengono abbandonate da quasi tutte le aziende, principalmente perché non forniscono la stessa esperienza d’uso dei siti responsive e perché è diventata particolarmente onerosa l’ottimizzazione per le tante tipologie di device mobili.

Un’altra tendenza è il minore budget dedicato per la SEO in senso stretto, a vantaggio di una maggiore cura per i contenuti: via libera quindi al content marketing per attirare gli stakeholder corporate.

Cambia il tipo di contenuti: viene data maggiore importanza alla componente visuale e multimediale (infografiche, interattività…) su contenuti informativi, educativi, coinvolgenti, condivisibili, etici. Dai comunicati stampa si è passato a sperimentare (in Italia ancora solo in pochi casi) alcune forme innovative di narrazione.

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Un altro tema importante che emerge dal sondaggio con i corporate web manager è la mancanza di personale dedicato al sito istituzionale. Solo una persona su tre è dedicata a tempo pieno al sito istituzionale, mentre solo il 27% delle società dispone di quattro o più persone dedicate a sviluppare e realizzare strategie di comunicazione online. Secondo l’indagine, esiste una forte correlazione tra il coinvolgimento del senior management nella comunicazione digitale e il numero di persone dedicate al sito all’interno dell’azienda. Viene spontaneo per esempio pensare a quanti top manager aziendali utilizzano effettivamente e abitualmente i media digitali.

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Come prevedibile, le aziende del settore energetico (Oil/Gas e Utility) sono quelle più virtuose nella comunicazione online, anche se paragonate alle concorrenti europee. Questo potrebbe essere spiegabile con la necessità di trasmettere un’immagine etica ed ecosostenibile in contrapposizione alla percezione pubblica che in questi casi non è affatto positiva; giusto per citare un caso, circa un anno fa le società del Gruppo ENI erano state colpite dagli hacktivisti di Anonymous in forma di protesta verso l’impatto ambientale delle loro iniziative.

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