Retorica e anti-retorica Web: stop all’ipocrisia ma anche alle “Wanna Marchi” digitali

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Diciamocelo, ci stiamo guadagnando un po’ tutti. Quelli che hanno capito o hanno intuito come funzioni la Rete, le sue dinamiche, il suo essere un ecosistema. Ognuno di noi si è scavato una sua nicchia di “sapere”, magari scrive, insegna, spiega, viene consultato. Qualcuno ci guadagna sul serio soldi sonanti, qualcun altro gratificazione personale e visibilità, nessuno, alla fine, ne esce poi così male.

Luca Conti, in un bel e piuttosto amareggiato post riprende la feroce critica di Morozov a O’Reilly e ne descrive la sistematica distruzione delle tesi del secondo da parte del primo, per chiudere poi con una periodo al vetriolo:

“Guardando l’Italia di oggi non mancano i Tim O’Reilly nostrani, che con lo stesso stile diffondono il verbo di open data, startup e innovazione per fini meramente di profitto personale. Tutti concetti benemeriti per riformare e risollevare l’Italia di oggi, ma siamo consapevoli che l’agenda di chi promuove queste rivoluzioni ha spesso un interesse diretto, non sempre dichiarato, che nella migliore delle ipotesi coincide con l’interesse pubblico, ma non sempre. Non faccio nomi, ma basta notare come la parola startup viene abusata e si capisce facilmente chi ci si è butatto per far soldi o riciclarsi e chi ci crede genuinamente. Se di truffaldini si parla – l’articolo di Morozov è intitolato “il truffaldino del meme” – in Italia ne abbiamo più di uno da cui guardarsi.

Cosa c’è di nuovo in tutto questo? Nulla a mio avviso. Esiste da tempo una nutrita pattuglia di personaggi che hanno capito che la maggior parte delle persone rimangono sbalordite quando si parla di Internet esattamente come potrei restarci io se dovessi parlare con un fisico quantistico. In sostanza il Web parla un linguaggio che conoscono ancora in pochi e alcuni si sono incaricati di tradurlo, di spiegare cosa significhino i termini e come poi utilizzarlo. Una missione di evangelizzazione? Ma no, su, si tratta di mercato.

C’è indubbiamente chi creda fortemente alla filosofia della Rete, condivisione, democrazia diffusa, uguaglianza, accesso libero per tutti e cose così ma, a ben vedere, ormai abbiamo capito un po’ tutti che la Rete è un fenomeno che replica autoritarismi, potentati economici, dinamiche commerciali e di mercato e che la sua dimensione di “rivoluzione obbligata” ha creato un mercato di sacerdoti del tempio, in grado di officiare i sacri riti e introdurre le masse al Verbo.

Siamo un po’ tutti O’Reilly, magari in sedicesimi e anche lo stesso Morozov, ha costruito un proprio personaggio “contro”, a partire dal suo libro, ormai bibbia della net-delusion, dei net-critici o net-tiepidi o chiamateli come volete.

Rimane però un tema che Luca Conti solleva con forza e fa bene. Che ci sia un mercato dove un po’ tutti stanno cercando il proprio spazio è vero ma è vero anche che, come in qualsiasi altra attività, esistano persone più o meno serie. Comprendere la Rete, le sue dinamiche e soprattutto, assumersi la responsabilità di divulgarle chiede studio, impegno, abnegazione, alta professionalità.

Che fra i Soloni della Rete ci siano nutrite schiere di ciarlatani, improvvisati, impreparati sino a veri e propri truffatori non c’è alcun dubbio. Che si seguano mode con l’unico scopo di trarne profitto personale, così come dice bene Luca riguardo il tema delle startup, anche questo è, purtroppo, vero.

La morale di tutto questo discorso? Non stracciamoci le vesti per il proliferare di guru o para-guru, a noi che di Web viviamo e respiriamo tocca il compito di essere migliori delle “Wanna Marchi” digitali e di essere professionisti sino in fondo, lasciando perdere mode e facili sirene. Studiamo, approfondiamo, è l’unico strumento che abbiamo per smascherare chi diffonde il Verbo senza capirci granché ma pregustando i guadagni che ne trarrà. Per il resto, lo scontro fra la star del Web-enthusiasm e quella della Net-delusion, devo dire, mi lascia parecchio tiepido. In fondo si stanno guadagnando la pagnotta.