Perché aprire la camicia e offrire il petto alle frecce? Perché esporsi ai peggiori attacchi, critiche, insulti che migliaia di persone possano partorire in assoluta libertà e impunità? La prima riflessione di molti che hanno guardato il susseguirsi incalzante di tweet rivolti al Papa e al suo neonato profilo ufficiale su Twitter è stata proprio questa. Chiunque conosca un minimo il funzionamento di questo social network ma, soprattutto, conosca il Web, non è certo rimasto sorpreso dal flusso inarrestabile di tweet che spaziavano dalla simpatica ironia all’insulto sino alla più aperta blasfemia. E’ la “pancia del Web” ovvero quella dinamica che fa emergere sulla Rete e solo sulla Rete, in determinate situazioni, una propensione alla critica feroce e spietata, all’insulto, in una sorta di violenza di gruppo inarrestata e inarrestabile.
Nonostante tutto questo fosse scontato e noto il Vaticano ha deciso di aprire un profilo Twitter del Santo Padre, perché? Non certo perché “Twitter è il mezzo ideale per diffondere i versi della Bibbia”, come è capitato di leggere in questi giorni ma perché oltre Tevere hanno capito il significato profondo dei social network: la comunicazione emotiva.
Non si tratta di veicolare un messaggio, è il mezzo stesso il messaggio (McLuhan lo diceva in tempi non sospetti). Per la comunità dei cattolici la possibilità di “scrivere al Papa, di raggiungerlo, di “parlare” con lui è un dono inaspettato e impensabile sino a qualche settimana fa. L’ultimo sovrano assoluto, il rappresentante di Dio in Terra al quale puoi parlare in maniera percepita come “diretta”. Un regalo inaspettato (e assolutamente apprezzato, come si è visto) anche per chi nei confronti del Pontefice e dell’Istituzione religiosa che rappresenta ha più di qualcosa da ridire.
La scelta di aprire l’account Twitter @pontifex è quindi una potentissima operazione di comunicazione che non si esaurisce nella semplice occupazione di un nuovo media ma inaugura una nuova forma di relazione verso la comunità dei credenti e anche dei non credenti. Il messaggio più potente è proprio questa manifesta voglia, del Vaticano e, per traslazione, del Papa stesso, di “entrare in relazione” con le persone, una a una, andandole a cercare e non aspettandole dietro gli altari.
Fa sorridere, a questo punto, la ritrosia di tanti capitani d’azienda, di leader politici, di amministratori delegati, personaggi più o meno pubblici ad aprirsi alla relazione sui social network perché “i commenti negativi sono un rischio reputazionale”. Il silenzio, l’assenza sono rischiosi, non l’ascolto e il dialogo.
Inoltre, se vogliamo scendere un po’ più sul tecnico, i community managers del Vaticano potranno facilmente comprendere cosa non piaccia della Chiesa Cattolica. Io, modestamente ho fatto un piccolo sondaggio artigianale e sono venuti fuori tre temi: l’opulenza ostentata, l’atteggiamento verso l’omosessualità e il dramma della pedofilia.
E’ poco capire, con facilità e “gratuitamente” quello che pensa della Chiesa la comunità a cui questa si rivolge? Credo sia un valore enorme, un’occasione che il Vaticano si sta apprestando a usare e che, speriamo, saprà sfruttare appieno.
Insomma, Benedetto XVI, da molti considerato un Pontefice con scarse capacità comunicative, soprattutto a paragone con quelle del suo predecessore, Giovanni Paolo II, sta invece impartendo una delle migliori lezioni di “Teoria e tecnica di comunicazione online”. Sarebbe il caso di trarne insegnamento.