Ancora su twitter e sul suo ruolo “giornalistico”. Il posizionamento di Twitter come fonte primaria di notizie, rilanciata ormai un po’ da tutti i media on o offline che siano, sta trasferendo credibilità alla piattaforma stessa, indipendentemente dai contenuti e al netto del rumore di fondo che pure c’è. Su questo chi fa media relations deve interrogarsi con grande attenzione, così come devono interrogarsi quanti siano percepiti come influencers.
Ma andiamo con ordine e partiamo dal post di oggi di Pierluca Santoro sul suo Giornalaio che riporta la ricerca della Carnegie Mellon University, del Mit e del Georgia Institute of Technology, secondo la quale solo il 36% dei 200 milioni di tweet che mediamente ogni giorno sono postati sulla piattaforma di microblogging è apprezzato dagli utenti. Come dire, l’uccellino cinguetta tante ma tante banalità che, alla fine non interessano a nessuno. Nelle stanze dei bottoni del social se ne devono essere accorti e per non finire schiacciati da una montagna di gossip stanno puntando sempre più decisamente sul vero o presunto ruolo “giornalistico” di Twitter. Due giorni fa è stata lanciata, riporta sempre Il Giornalaio,Twitter for News account dedicato a raccogliere e segnalare le best practices e gli utilizzi più innovativi di Twitter da parte dei giornalisti e delle redazioni e a mettere a disposizione a questi ultimi, le migliori risorse possibili reperibili sulla piattaforma dell’uccellino. E siamo di nuovo nel cuore di una discussione che avevamo iniziato qualche giorno fa (leggi qui).
Twitter, quindi sta puntando molto sul suo ruolo di “fornitore di notizie”, soprattutto per i giornalisti e per gli operatori della comunicazione. Sin qui nulla di che. Il problema è l’utilizzo che questi stessi gionalisti fanno dello stesso twitter e del loro potere d’influenza verso chi giornalista non è. Se, come dice la ricerca citata sopra, su twitter c’è così tanto rumore, è semplice ipotizzabile che gli utenti stessi siano portati a selezionare le voci da ascoltare. Quelle più credibili e autorevoli, va da sé. Prendendo per buono più o meno tutto quello che dicono. Una situazione che ripropone, se possibile in maniera ancor più netta, la problematica dell’affidabilità delle fonti su Internet. Sulla piattaforma di microblogging, infatti, chi parla è ben riconoscibile e come tale depositario di fiducia. Per chi legge c’è ancor meno necessità di andare a verificare quanto viene detto e questo. Indipendentemente dal rischio che s’inneschino crisis, come dicevamo nell’altro articolo, c’è un problema di assunzione di responsabilità degli influencers che comunicano su twitter.
La necessità di verificare quello che si trova su Internet è un concetto ben insito nelle abitudini di quanti in Rete ci navigano e da cui scaturisce la centralità del ruolo di influencers e fonti attendibili. In buona sostanza gli utenti fanno un po’ i giornalisti per se stessi e applicano una sorta di filtro alla massa d’informazioni presente sul Web. Il ruolo che twitter sta incarnando rischia di far saltare questo filtro, proprio perché questa piattaforma ha la capacità di concentrare in uno spazio controllabile dal singolo utente, una ampia platea d’influencers, la cui credibilità è sostenuta e amplificata dall’autorevolezza della piattaforma stessa. E’ un po’, mutatis mutandis, come se ogmi utente avesse accesso al flusso delle agenzie. I giornalisti spesso non verificano i takes, assumendone l’attendibilità per il fatto stesso che si presuppone che le verifiche l’abbiano fatte i colleghi prima di mettere in rete la notizia. stessa.
Una scelta di “posizionamento” del management di twitter sta innescando quindi, una problematica piuttosto importante, anche e soprattutto per quanti, comunicatori, addetti stampa, ecc. si trovano a gestire i flussi d’informazione su un’organizzazione. Come contrastare notizie false o non corrette, twittate da una fonte autorevole? L’unica strada è avere già instaurato una relazione diretta con lo stesso influencers, che permetta di chiedee allo stesso che ha propagato la notizia di rettificarla. Altrimenti il richio è sempre quello di rimaner travolti dalla “carica della bufala”.